“Viva ‘o Re!”

(Tullio Pironti Editore, 1999)
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E’ l’ultima notte del secolo, gli ultimi rintocchi del ‘700. Nella cella del carcere borbonico è rinchiusa la Storia.

La grande storia della rivoluzione napoletana del 1799, tragico confronto fra l’utopia di uguaglianza e giustizia sociale di una élite e la secolare condizione di ignoranza e miseria di un popolo. Solo cinque mesi, la vita della fragile repubblica. Tornato sul trono il re, tutti coloro che l’avevano voluta e realizzata sono saliti sul patibolo: l’ultima immagine che ha straziato i loro occhi è stata la ferocia della suburra in festa per la loro esecuzione.

La piccola storia d’un poeta, Giacomo Antonio Gualzetti, che a ventisei anni rinuncia a versi eruditi e commedie lacrimose per scrivere una gazzetta in dialetto, come aveva chiesto Eleonora Fonseca Pimentel sul Monitore, affinché il popolo potesse comprendere i principi della rivoluzione: liberté égalité fraternité. Cinque mesi, come un’intera vita.  Ideali paure illusioni entusiasmi speranze dolori… Resta la fierezza di uno sguardo che non si abbasserà davanti al boia.  Nello stesso cerchio di luce della candela, Carmine detto Settefacce, lazzaro del Pallonetto di Santa Lucia. Occhi caldi, sorriso malandrino. Questa è solo una faccia. Nelle altre, fame desiderio violenza. E’ analfabeta,  Settefacce, però insegna la vita al poeta, quella vita tenuta lontana per inseguire versi, personaggi, rivoluzioni… Ma dal poeta imparerà quello sguardo.

La Storia, nell’angustia d’una cella. Lazzari e Giacobini. Alla fine, resteranno soltanto due uomini. La Vita.
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